IL PRETORE
    La  questione di legittimita' costituzionale proposta dal p.m. nel
 presente procedimento penale a carico di Hamidovic  Suzana,  imputata
 del  reato  di cui all'art. 648, secondo comma, del c.p., commesso in
 Firenze il 12  novembre  1989  in  danno  di  Lavarredo  Grotewold  e
 Francisco  Guillelmo,  attualmente  irreperibili nel territorio dello
 Stato  italiano,  trae  origine  dall'impossibilita'   di   esaminare
 l'agente  di polizia giudiziaria che ricevette la denuncia della p.o.
 sul contenuto  delle  dichiarazioni  rese  dallo  stesso,  stante  il
 divieto contenuto dall'art. 194, quarto comma, del c.p.p.
    Come  e'  noto, la disposizione citata non consente agli organi di
 p.g. di  deporre  sul  contenuto  delle  dichiarazioni  acquisite  da
 testimoni,  in  deroga  al principio, enunciato nel comma precedente,
 secondo il  quale  la  testimonianza  indiretta  e'  ammessa  qualora
 l'esame  del  testimone  de  relato  divenga  impossibile  per morte,
 infermita' od irreperibilita'.
    Il  divieto  in  parola  impedisce  di  dimostrare  l'accusa   nei
 procedimenti  come  in oggetto, in cui l'unico elemento probatorio e'
 costituito dalle dichiarazioni della parte offesa, trasfuse o meno in
 una  denuncia,  e  queste  non  siano  piu'  assumibili   per   fatti
 sopravvenuti.
    La  denuncia  infatti  non  puo' essere acquisita al fascicolo del
 dibattimento perche' e' in quest'ultimo che deve formarsi  la  prova,
 attraverso  l'esame  incrociato dei testi e delle parti. Il principio
 dell'oralita' e della immediatezza della formazione della  prova  nel
 dibattimento  costituisce  il  cardine  della  riforma  del  processo
 penale, sul quale e' superfluo soffermarsi.
    Ne'  puo'  ritenersi  che,  essendo  l'atto  assunto  dalla  p.g.,
 divenuto  irripetibile, possa essere inserito ab initio nel fascicolo
 del dibattimento ai sensi dell'art. 431, primo comma, lettera b), del
 c.p.p. L'irripetibilita' cui si riferisce  l'articolo  in  parola  e'
 infatti quella intrinseca, derivante dalla natura dell'atto compiuto.
    D'altro  canto,  i  verbali  delle dichiarazioni rese alla p.g. da
 testimoni  non  possono  essere  lette  nel  dibattimento,  ai  sensi
 dell'art.  514, primo comma, del c.p.p. e neppure, in casi analoghi a
 quello in esame,  e'  ovviamente  utilizzabile  il  meccanismo  della
 contestazione,  previsto  dall'art. 500, quarto comma, del c.p.p. per
 l'acquisibilita'   al   fascicolo   del   dibattimento   delle   sole
 dichiarazioni  testimoniali  rese  sul  luogo e nell'immediatezza del
 fatto.
    Infine, non e' stata estesa anche agli atti  assunti  dalla  p.g.,
 divenuti  irripetibili  per  fatti  sopravvenuti,  la possibilita' di
 lettura sancita dall'art. 512 del c.p.p. per gli atti del p.m. e  del
 giudice nell'udienza preliminare.
    Da   questo   complesso   di   disposizioni   deriva,   come  gia'
 sottolineato, la impossibilita' di fornire alcuna prova nei  casi  in
 cui la testimonianza della parte offesa, gia' assunta dalla p.g., non
 sia  piu'  attuabile  per  morte,  infermita' o irreperibilita' della
 stessa.
    A tale inconveniente potrebbe ovviarsi qualora  fosse  ammessa  la
 testimonianza  indiretta  degli agenti ed ufficiali della p.g., cosi'
 come e' ammessa dai testi "ordinari". Del resto il  disfavore,  direi
 quasi  la  differenza,  con  cui  il  legislatore  ha disciplinato la
 testimonianza dei soggetti  deputati  al  compimento  delle  indagini
 preliminari,  non  appare  giustificabile  alla  luce  del  principio
 costituzionale  di  uguaglianza,  posto  che  anche   essi   prestano
 giuramento e sono incriminabili per il reato di falsa testimonianza.
    Ne'   appare   condivisibile   l'implicita   valutazione   di  non
 attendibilita' delle dichiarazioni rese  dagli  organi  di  p.g.,  in
 quanto   portatori  di  un  interesse  alla  condanna.  Cio'  infatti
 contrasta con la natura pubblica delle funzioni dagli  stessi  svolte
 sotto  la  direzione  del  p.m.,  il quale, a norma dell'art. 358 del
 c.p.p., deve accertare anche  fatti  e  circostanze  a  favore  della
 persona sottoposta alle indagini.
    Non  si  ritiene  quindi  che  la  differente  qualificazione  del
 "soggetto testimone" giustifichi la  diversa  disciplina  dettata  in
 tema di testimonianza indiretta, non corrispondendo a quei criteri di
 ragionevolezza  e  non  arbitrarieta'  che la Corte costituzionale ha
 piu'  volte  indicato  come  necessari  per  differenziare  posizioni
 omogenee.
    La  questione  pertanto  e'  fondata  ed e' altresi' rilevante nel
 procedimento in corso.